A FABRIANO SI PRODUCE ANCORA CARTA
Da quando è stata annunciata la
chiusura della società Giano 1264 del Gruppo Fedrigoni sono andate crescendo le
voci sulla fine della produzione cartaria a Fabriano, fino a fare della città
culla della carta occidentale l’emblema di una sorta di fine della carta su più
ampia scala.
Si sono fatti portavoce di questa
posizione grandi testate giornalistiche, frequentati siti online insieme a
sperimentati giornalisti, intellettuali, ex-ministri e persino qualche
“filosofo” che ha scomodato Hegel e Marx per descrivere quanto stava avvenendo
nella cittadina marchigiana.
Al netto di una concorrenza
interessata alla presunta fine di una produzione in uno dei poli più
prestigiosi e qualitativi della storia cartaria, la cui eco dovrebbe far
riflettere chi oggi si trova a gestire industrialmente quel patrimonio, le voci
richiamate hanno oscillato tra diversi luoghi comuni senza cogliere il dato di
realtà.
C’è chi ha attribuito “la fine
della carta e della storica cartiera di Fabriano” all’Europa matrigna che vuole
la transizione digitale e green, chi alla feroce competizione globale
che spazza via le produzioni di qualità, chi - in versione più nazionale - alla
continua perdita di asset ed eccellenze del Made in Italy a vantaggio di gruppi
stranieri e via discorrendo. Qualcuno ha, persino, pensato bene di associare lo
stabilimento in località Vetralla di Fabriano a Vetralla comune in provincia di
Viterbo.
La prima sensazione che si prova
leggendo tutte queste versioni è quanto le Marche siano ancora marginali e
sconosciute ai più, al punto che - anche quando riescono a fare notizia -
vengono prese a pretesto per qualcos’altro in maniera poco corretta e
informata.
Il dato di realtà, invece, è un
altro. A Fabriano, dove si fa carta dal 1264, vi è un Museo della Carta e della
Filigrana che quest’anno ha superato i 50.000 visitatori, vi sono eventi,
Fondazioni, aziende artigianali e competenze dedicate, si continuerà a fare
carta e non è stata chiusa nessuna cartiera. È stata chiusa la società che
produceva carta per ufficio, la carta per fotocopie, divenuta diseconomica e
non in linea con le strategie dell’azienda, ed è stata fermata la macchina continua
che la produceva. Un colpo serio, indubbiamente, perché - dopo circa 50 anni -
si ferma un prodotto e un macchinario che ha fatto la storia locale e non solo,
e si sono dichiarati 195 esuberi.
La vertenza, portata avanti dal
sindacato e da un territorio unito, ha conseguito risultati non scontati:
innanzitutto si è imposta a livello nazionale ed è stato oggetto di un tavolo
specifico al Mimit, pur essendoci vertenze in corso di ben maggiore impatto
occupazionale; poi l’azienda è stata costretta a ritirare la procedura di
licenziamento dei lavoratori ed ha dovuto accettare gli ammortizzatori sociali
previsti per i casi di riconversione industriale, con un anno di cassa
integrazione straordinaria prolungabile di un altro anno.
Con il nuovo anno partirà la
formazione per riconvertire le competenze su altre produzioni che l’azienda
intende sviluppare. Resta il rischio di una dispersione di competenze,
soprattutto con le ricollocazioni negli stabilimenti Fedrigoni del nord, e un
numero di occupati che segna il minimo storico in quella che è considerata la
città della carta per antonomasia.
Il vero banco di prova sarà il
piano industriale dell’azienda per il sito di Fabriano con gli stabilimenti di
Vetralla e Rocchetta e per gli altri marchigiani. È su questo che, ad anno
nuovo, si giocherà l’attendibilità di quanto dichiarato a più riprese e in
tutte le sedi dal management e la possibilità di rilanciare effettivamente il brand
Fabriano, che ancora esiste e catalizza l’interesse di clienti in tutto il
mondo, su produzioni di qualità come le carte artistiche e da disegno, le carte
valori e di sicurezza, le carte per scuola e cartoleria. Occorrerà tenere alta
l’attenzione ed essere particolarmente esigenti con l’obiettivo di riassorbire
quanti più lavoratori e di dare una prospettiva al settore cartario fabrianese.
Quel che è certo è che, mentre si
è tornati a produrre carta moneta, perché know how e competenze non si
trovano dappertutto, difficilmente si tornerà a produrre carta per fotocopie,
per una questione di mercato e di prezzi e non tanto di qualità.
Stiamo assistendo ad uno dei
tanti passaggi d’epoca che hanno contraddistinto la produzione secolare della
carta, dalle gualchiere medievali alla industrializzazione tra Sette e
Ottocento, fino al giorno d’oggi in cui l’impatto del digitale cambia gli usi
della carta, ma il prodotto non scompare. Fabriano, che alla carta occidentale ha
dato origine, continuerà nella sua storia con tenacia e apertura al
cambiamento.
Le lacrime e le firme degli
operai in calce all’ultima bobina o all’ultima risma hanno giustamente fatto
notizia, perché dicono di un mondo del lavoro dove c’è ancora passione e senso
di appartenenza a fronte di una società spesso cinica e fatua, ma esse
riconfermano una vocazione che è l’ingrediente più importante di ogni avventura
industriale.
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