ALCUNE IPOTESI SUL SIGNIFICATO DEL TOPONIMO ROTABELLA A CASTELRAIMONDO
di Daniele Salvi e Sergio Salvi
La fondazione ufficiale di Castelraimondo (Macerata) è
riferita ad un atto risalente al 1311 con il quale Raimondo di Attone da
Spello, rettore della Marca Anconitana, autorizzava Camerino a costruire un
insediamento fortificato nell’area della piana di Rotabella, compresa tra il
fiume Potenza e il torrente Lapidoso.
Circa 300 metri a sud del luogo di edificazione del
“castello di Raimondo” s’incontrano le vie di collegamento tra Matelica (Matilica),
Camerino (Camerinum) e San Severino Marche (Septempeda), la più
antica delle quali è la strada Septempedana, diverticolo della via Flaminia che
collegava Nocera Umbra (Nuceria Camellaria) con Osimo (Auximum).
In questo crocevia, già in epoca romana era documentata la presenza di un vico,
ossia un piccolo insediamento abitato.
Successivamente, nel 1290 è attestata la presenza di un
complesso gestito da religiosi costituito dalla chiesa di San Bartolomeo in
Rotabella e da un ospedale, ossia
un luogo di assistenza per i malati più gravi ma anche di accoglienza per i
viaggiatori che percorrevano la strada Septempedana e nel quale, con ogni
probabilità, era possibile beneficiare della presenza di artigiani (maniscalco,
falegname) in grado di fornire servizi per i mezzi di locomozione dell’epoca
(cavalli, carri e relativi animali da traino).
Nelle mappe catastali del 1740 il nome Rotabella
indica specificamente uno dei toponimi di Castelraimondo. Ad esso risultavano assegnati:
un campo con casa; un campo con chiesa, casa e osteria; due orti; un pascolo;
un relitto di fiume boscaglioso. Infine,
ancora agli inizi del XX secolo persisteva un’osteria di Rotabella (osteria Fioretta), mentre
alcune attività di lavorazione artigianale di legno e ferro erano in funzione fino
a pochi anni fa.
Possiamo, quindi, affermare che nel sito indicato dal
toponimo Rotabella le attività di accoglienza e assistenza rivolte ai
viaggiatori della strada Septempedana sono state presenti presumibilmente fin
dall’epoca romana, avendo assunto quel punto la funzione di snodo viario verso
la direttrice Matilica-Sentinum-Sena Gallica.
Sul significato del toponimo Rotabella sono state avanzate
differenti interpretazioni e anche molto discordanti. Occorre segnalare,
innanzitutto, che lo stesso toponimo è rinvenibile in ambito marchigiano anche nei
territori dei Comuni di Grottazzolina e
Francavilla D’Ete, entrambi in provincia di Fermo. In Umbria, invece, una località
denominata Rotabella è presente nel territorio del Comune di Castel Ritaldi, vicino
Spoleto, in provincia di Perugia.
È opportuno ricordare, inoltre, che toponimi simili
sono rinvenibili lungo il corso del fiume Potenza, ma non solo. Ad esempio:
Rotelli, tra Passo di Treia e Pollenza; Rotacupa, nei pressi di Santa Maria in
Selva tra Treia e Macerata; Camporota, tra Treia e Appignano; Le Rote, nella
Valle S. Angelo in territorio di Pieve Torina.
Tra le interpretazioni più accreditate dagli studiosi troviamo
quelle che rimandano alle caratteristiche ambientali del sito interessato.
Secondo Feliciangeli, l’appellativo rota sarebbe di uso dialettale e
indicherebbe le serpentine dei fiumi e delle rive circostanti, mentre secondo
Di Stefano il termine rota era utilizzato per indicare un’area confinante
con un corso d’acqua e caratterizzata da frequenti allagamenti e impaludamenti
e, per questo, resa poco o per nulla coltivabile.
Queste interpretazioni di genere fluviale ben si
addicono a descrivere l’area immediatamente adiacente e sottostante al sito su
cui sorgeva l’ospedale di Rotabella, la quale è delimitata da un’ampia ansa del
fiume Potenza ed è ancora oggi soggetta a fenomeni di allagamento dovuti allo
straripamento occasionale del fiume durante il periodo invernale, con apporto
di sedimenti e materiali alluvionali che rendono il terreno poco adatto alla
coltivazione. Parliamo, in sostanza della stessa area nella quale da qualche
tempo si accarezza l’idea di realizzare un’area di espansione e laminazione con
annesso parco fluviale urbano.
Meno probabile appare, invece, l’interpretazione
secondo la quale il termine deriverebbe dalla grande e bella ruota di un mulino
presente in loco,
di cui però non si hanno testimonianze. Il riferimento potrebbe essere
all’importante struttura proto-industriale in località Aie, tuttora visibile e
ubicata sulla sponda destra del Potenza, in prossimità dell’antico ponte che
attraversa il fiume e collega proprio al luogo di edificazione del Castrum
Raymundi, benché detta struttura si trovi sulla sponda opposta a quella
delimitante la piana di Rotabella.
Secondo Morosin, rota deriverebbe dal tardo
latino rupta o route (strada), mentre bella ricondurrebbe
verosimilmente a bellum. Pertanto, il toponimo Rotabella indicherebbe un
luogo di passaggio importante al centro di un trivio, dove il transito e lo
scontro di eserciti già in epoca antica è stato ampiamente dibattuto e in cui
fu necessario costruire un luogo per accogliere pellegrini e ammalati già prima
del XIII secolo.
Il riferimento a scontri armati nella piana di Rotabella, tali da lasciare il
segno nel toponimo in questione, è suggestivo soprattutto se si fa riferimento
all’ipotesi avanzata nel 1838 da Acquacotta, secondo cui lo scontro del 552
a.C. che vide la sconfitta dei Goti guidati da Totila per mano dell’esercito dell’Impero
Romano d’Oriente comandato dal generale Narsete ebbe luogo nelle vicinanze di
Castelraimondo.
Sicuramente Rotabella fu per lungo tempo un luogo
conteso fra le vicine città di Camerino, Matelica e San Severino Marche, ma la
ricostruzione etimologica qui proposta appare un po’ forzata e distante dai toponimi
analoghi sopra richiamati, e non solo. Ad esempio, volendo muoverci al di fuori
delle Marche, sembra venirci in soccorso il Nibby, il quale riporta che:
«Andando da Palombara (Sabina) verso settentrione è 2
miglia distante una contrada detta Rotavelle, dove sono molti avanzi di
reticolato, laterizio, ed incerto, appartenenti ad una villa romana, e varie
conserve d’acqua, fra le quali una nel luogo chiamato Martini è di forma
circolare di tal mole, che presenta 67 piedi e mezzo di diametro. Questa
conserva è presso l’andamento dell’antica strada, che legava la Nomentana alla Valeria,
e della quale si è fatta menzione di sopra».
Qui il toponimo è molto simile al nostro, citato nelle fonti anche come Rotabelle e pronunciato in dialetto sostituendo la “b” con la “v”. Il riferimento di area laziale sembra rimandare ad un luogo di estrazione lapidea, dove il velle finale deriverebbe dal latino vellere (strappare, divellere, staccare, separare da, etc.), ovvero dalla presenza di pozze d’acqua di forma circolare, eventualmente derivate da attività estrattiva. Nel caso di Rotabella di Castelraimondo, la suddetta ipotesi imbarazza per la ricca presenza in loco di argilla che ha dato vita, fino agli inizi del XX secolo, ad una costante attività produttiva di manufatti, stoviglie e laterizi ad opera dei cosiddetti “cocciari” e dei titolari di fornaci. L’argilla, ossia la terra da tornio (ruota) e da laterizi, potrebbe suffragare la lontana suggestione con l’etimo del toponimo nei pressi di Roma.
Da ultimo, questa nostra digressione senza esiti certi viene presa dal desiderio di fermarsi a riposare, lasciando lo sguardo perdersi nella valle che dopo le montagne di Pioraco doveva aprirsi al passeggero che percorreva in antichità queste contrade. Molto di più a lui che a noi la valle boscosa e ampia, solcata a destra dall'ansa del fiume Potenza e delimitata a sinistra dall'affluente Lapidoso, doveva apparire con al centro - opera congiunta e millenaria dei due corsi d'acqua - una radura sopraelevata di forma vagamente circolare, in cui poi sarebbero sorti gli insediamenti connessi alla strada che l'attraversava: l’hospitalis e la ecclesia S. Blasii de castro Raymundo, quest’ultima già attestata nel 1180. A quello spettacolo, chi aveva dovuto attraversare le scure e serrate gole d’Appennino, finalmente rincuorato, non poteva che dare un nome: Rotabella!
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