ALL’OMBRA DI SANTA MARIA IN VIA

Il ritorno del Rettorato dell’Università nel centro storico della città ducale rappresenta un segnale importante della volontà di ricostruire e far rivivere il luogo simbolo del sisma del 2016: Camerino.

Dopo il collegio Bongiovanni, ribattezzato Next Generation, questo è il secondo passo nella riconquista della città murata, al quale ci si augura che presto ne seguano altri, capaci di dare il senso di un percorso progressivo e irreversibile.

Non si tratta di fare classifiche, né possiamo dimenticare la tragedia di vite umane perse ad Accumoli, Amatrice, Arquata e Pescara del Tronto. Ma quando dico che Camerino è il luogo simbolo del terremoto dell’Appennino centrale, intendo che la sua ricostruzione rappresenta la cartina di tornasole della riuscita o meno della ricostruzione del Centro Italia.

Non solo perché è più semplice ricostruire ab imis fundamentis, piuttosto che riparare una città plurimillenaria, frutto di successive stratificazioni storiche, divenuta di colpo inagibile, da cui sono state espulse persone e funzioni e la cui inerte presenza pone quotidianamente una questione di senso prospettico. Ma soprattutto perché, se la ricostruzione non vuole essere soltanto materiale, ma anche economico-sociale e culturale, come ad ogni pie’ sospinto si dice, una “città pivot” (espressione di Arturo Lanzani) come Camerino non può non essere restituita in maniera rinnovata al suo ruolo di servizio per un ampio territorio montano, pena un ulteriore e generalizzato impoverimento.

Se questa sfida sarà vinta, dipenderà dall’intraprendenza dei cittadini, ma in particolare dalle scelte di chi ha in mano il processo della ricostruzione: Struttura commissariale, Regione, Provincia, Comune.

In questo contesto, il ruolo dell’Università degli studi è stato, è e sarà essenziale. La scelta del Rettorato di tornare all’ombra di Santa Maria in Via, alla cui devozione la popolazione camerte si è sempre affidata in occasione dei ripetuti terremoti, sospinge la mente alla notte del 26 ottobre, quando mancò poco che anche a Camerino accadesse l’irreparabile con il crollo del campanile della chiesa sulla casa retrostante, abitata e prontamente abbandonata dagli studenti dopo la prima scossa delle 19.

Già ricostruita tra gli ultimi interventi del sisma del 1997 e stavolta profondamente ferita, tanto da rendere più complessa la sua ricostruzione, non è da escludere, stando a quanto sulla nascita e affermazione del culto ha scritto Pierluigi Falaschi [“Notizie e ipotesi sull’origine e sul culto dell’icona di Santa Maria in Via (sec. XIII) venerata a Camerino”, in: “Studi offerti a Giuseppe Avarucci per i suoi settant’anni”, a cura di R.M. Borraccini e G. Borri, Fondazione Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 2008, pp. 671-688], che la chiesa di Santa Maria in Via sia nata come semplice cappella all’indomani del terremoto del 1279, il quale nella stessa zona determinò ingenti rovine con il crollo del campanile della più antica chiesa di San Giacomo e la distruzione dell’annesso convento che procurò la morte di tutte le suore.

Oppure che essa sia stata concepita a seguito della traslazione delle sacre pietre di Nazareth a Loreto (1294), quando prese corpo il culto e il pellegrinaggio verso la Santa Casa, dove era possibile ammirare la tabula pincta della Madonna con Bambino giunta insieme alle pietre e attribuita a San Luca, poi scomparsa e sostituita nel Cinquecento dall’attuale statua (vedi: F. Frezzotti: “La Via degli Angeli. La traslazione delle pietre della Santa Casa”, Il Lavoro editoriale 2023, pp. 97-104).

D’altra parte, in quel punto della città si condensavano la Porta di San Giacomo, oggi Porta Malatesta, che guarda ad ovest in direzione di Roma e Firenze, la chiesa intitolata a San Giacomo il Maggiore protettore dei pellegrini, al cui interno era presente dagli inizi del Quattrocento la predella interamente dedicata al Santo che ritrae la traslazione del suo corpo in Galizia, e, sicuramente da prima del 13 febbraio 1300 quando le fonti più antiche attestano la presenza di un tal Nicola cappellanus ecclesie S. Marie Invie, anche la cappella omonima con l’icona che la leggenda attribuisce a San Luca. Anch'essa!

In realtà sappiamo che l’icona che ritrae la Madonna con il Bambino in trono e Annunciazione risale alla seconda metà del Duecento ed è di fattura umbro-marchigiana, pur con forti richiami bizantini. “E’ di scuola romanica occidentale. Il suo modello è la Basilissa in trono, ma ormai ha perduto il significato delle braccia e delle mani dell’Odigitria. La tipologia è orientale, ma passata ed elaborata dalla scuola toscana e resa poco morbida da quella romanica”, così Gaetano Passarelli tra i massimi esperti di icone.

L'icona camerte, quindi, quale prefigurazione o ricordo dell'icona lauretana. 

Santa Maria in Via, cioè lungo la via; la “Via grande” che da lì prendeva le mosse per attraversare tutta la città, giungere alla Cattedrale di Santa Maria Maggiore e arrivare fino alla Chiesa di San Venanzio, collocata all’estremo opposto del centro urbano. Le tre chiese che rendono riconoscibile Camerino nella famosa miniatura del XIV sec. che ritrae il Cardinale Albornoz che riceve le chiavi delle civitates maiores della Marca. Ma anche la “Via dritta” [come attestato dagli studi di Emanuela Di Stefano, ad es.: “La viabilità interregionale tra sviluppo e trasformazioni. L’antico tracciato della via romano-lauretana (secc. XIII-XVI)”, a cura di T. Croce e E. Di Stefano, ESI, Napoli 2014, pp. 187] che collegava Roma e Loreto e che in Camerino aveva, tra Tirreno e Adriatico, uno snodo politico, militare e commerciale importante: la porta d’ingresso nella Marca.

Uno snodo che per la via di due traslazioni, quella del corpo di San Giacomo fino a Santiago di Compostela e quella della Santa Casa da Nazareth a Loreto, era unito non solo idealmente agli estremi del mondo cristiano. Una spazialità religiosa, geopolitica e commerciale che richiama alla mente l’ampiezza della ricerca che non ha confini, se non quelli che eticamente decide di darsi, e che non ha mai fine, racchiusa nell’idea stessa di Universitas.

Ora, all’ombra di “Colei che guida nel cammino” e nell’imminenza delle celebrazioni del 688° anno accademico alla presenza del Ministro dell’Università e della Ricerca, non si può che augurare alla nuova Governance dell’Ateneo e con essa a tutti coloro che hanno pubbliche responsabilità di percorrere con ampiezza di vedute e passo determinato la via della rinascita di Camerino e del Centro Italia.

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