UNA UNIVERSITA’ IN FORMA DI CITTA’
Nelle ultime settimane hanno iniziato a prendere forma
alcune progettualità che riguardano Camerino, la città emblema del sisma del
Centro Italia, frutto di iniziative intraprese negli anni passati ed ora giunte
a maturazione, grazie a diversi attori e programmi di intervento:
l’ordinanza di cantierizzazione del centro storico della città ducale,
traduttiva del Programma Generale di Ricostruzione, la piattaforma sui nuovi
materiali Marlic, decisa nella scorsa legislatura regionale, l’accordo con il
Maxxi per la qualificazione dell’area dell’ex convento di San Francesco e dell’ex-Carcere,
dove già Mario Cucinella aveva ipotizzato un intervento di tipo culturale che
fosse attrattore e polarizzatore della rinascita del centro storico, l’accordo
con l’Agenzia del Demanio per la ricostruzione della stessa area, di cui è
proprietaria, e l’avvio dei lavori del primo stralcio del Recovery Art Project
alle ex-Casermette in località Torre del Parco, grazie a fondi del PNRR e del
PNC sisma. Una serie di interventi che fanno di Camerino sempre più “un'università in forma di città”, patrimonio di un intero territorio. Da questo punto di vista attendiamo qualche
segnale sulla nascita del Centro internazionale per la ricerca sulle scienze e
tecniche della ricostruzione (Stric), deciso nell’ambito del Programma Next
Appennino. Di seguito potete leggere la relazione che tenni il 19 aprile 2014,
quasi 10 anni fa, prima del sisma, in una iniziativa con l’allora Assessore
regionale Pietro Marcolini, proprio sull’idea di investire nell’area di Torre
del Parco all’interno del contesto della sinclinale tra Camerino e Fabriano.
L’area era già stata oggetto di una delibera di indirizzo della Giunta
provinciale di Macerata per il rilancio del territorio all’indomani della crisi
della Antonio Merloni (2008) e, dopo il sisma, nel 2018, dell’unico progetto-pilota
inserito all’interno dei “Nuovi sentieri di sviluppo per l’Appennino
marchigiano”. Le idee non si fermano e producono sempre qualche effetto, anche
a distanza di tempo…
19 aprile 2014
“Un progetto pilota per
l’Area di Torre del Parco e Lanciano. Verso un Piano strategico della
sinclinale camertino-fabrianese” – Camerino, Torre del Parco, giovedì 17 aprile
2014 ore 16.
“Per un progetto di
sviluppo locale”
Tematizzare lo sviluppo
della sinclinale camertino-fabrianese, come vogliamo fare in questa iniziativa,
seppure circoscrivendo ad un’area ben precisa la proposta concreta che
avanzeremo, richiede necessariamente di riprendere le fila di un percorso
almeno quasi ventennale che ha un suo punto di cesura ben preciso nel sisma del
1997.
È da allora, infatti,
che l’evento traumatico ha risvegliato un dibattito e costretto tutti, attori
istituzionali, politici, sociali, economici e civili, a rivisitare
profondamente l’idea di sviluppo dell’entroterra delle province di Macerata e
Ancona, che per estensione e peso specifico rappresentano buona parte delle
aree interne e montane della regione Marche.
Il dramma del terremoto
ha impegnato le comunità locali in un percorso di rinascita che ha potuto
contare favorevolmente su forti investimenti pubblici, europei, statali e
regionali, che per entità e continuità hanno rappresentato un vero e proprio
new deal delle Aree interne. Alla ricostruzione post-sismica che ha riguardato
beni pubblici e privati, tra cui l’ingente patrimonio storico-artistico e
architettonico, è seguita l’infrastrutturazione viaria con il progetto
“Quadrilatero di penetrazione interna Marche-Umbria”, su cui ritorneremo, e
quella telematica con l’adozione e la realizzazione del Piano telematico
regionale, il primo tra i piani regionali organici di diffusione della banda
larga che consentirà di superare il digital divide su scala regionale tra la
fine del 2014 e l’inizio del 2015.
I capitoli appena
richiamati delineano, al di là di ogni lamentazione sterile e polemica, una
traiettoria d’investimento pubblico e di sviluppo che ha colmato in pochi anni
ritardi annosi specie sul piano delle infrastrutture stradali, dove entro
l’anno corrente avremo funzionante il collegamento Civitanova Marche-Foligno.
Ora si apre un grande capitolo che riguarda l’innovazione istituzionale, su cui
gli amministratori locali e la classe dirigente territoriale dovranno dare
prova di visione e capacità organizzativa, procedendo con determinazione ed
efficacia verso la gestione associata dei servizi, le fusioni e unioni di
Comuni, a maggior ragione dopo l’approvazione della legge Delrio.
Certo, sappiamo bene che
a questa traiettoria resiliente si è affiancata una ben più lunga e strutturale
traiettoria di declino: quella, in altre parole, rappresentata dallo
spopolamento, dall’invecchiamento progressivo della popolazione e dalla
sottoutilizzazione del capitale territoriale e sociale fisso, oltre che del
capitale umano, che nel caso delle giovani generazioni scolarizzate sono state
costrette in molti casi ad andarsene per potersi inserire degnamente nel mondo
del lavoro.
La crisi economica ha
agito pesantemente sull’insediamento industriale pedemontano delle Marche,
mettendo seriamente a repentaglio decenni di sviluppo endogeno che
faticosamente, ma in modo eccellente, avevano dotato anche l’entroterra
marchigiano di distretti industriali e nel caso del fabrianese addirittura del
distretto manifatturiero più importante delle Marche, oltre che di rango
europeo. La crisi dell’A. Merloni è stata l’emblema di tante altre,
evidenziando uno spartiacque nel cambiamento in atto della struttura
produttiva. Dall’altro lato - come ha sottolineato A. Calafati nei suoi studi
sulle aree interne nella provincia di Macerata - ha agito invece la contestuale
crisi del welfare state.
La crisi fiscale dello
Stato e della finanza pubblica nazionale e locale ha prodotto un restringimento
degli spazi e delle aree d’influenza della pubblica amministrazione,
dell’offerta di servizi a partire da quelli socio-sanitari e degli effetti
positivi che il sistema pensionistico calcolato con metodo retributivo ha avuto
spesso come ammortizzatore sociale e fonte -insieme agli altri fattori- di un
diffuso benessere nello specifico di aree interne tutto sommato accessibili e
non propriamente periferiche.
Proprio sul versante
della crisi del welfare state si è caratterizzata maggiormente la crisi delle
aree interne del camerinese, mentre il combinato disposto della crisi sul
versante produttivo-occupazionale e su quello pubblico-assistenziale sembra
coinvolgere complessivamente le due polarità che come termini di una relazione
territoriale caratterizzano la struttura stessa della sinclinale, il polo del
lavoro e della produzione (Fabriano) e quello degli studi e dei servizi
(Camerino), delineando un comune destino a cui entrambe le realtà debbono
reagire, insieme.
Ad un genuino spirito di
reazione ci richiama il rilancio in grande stile che il tema delle Aree interne
ha avuto nella nuova programmazione europea 2014-2020, grazie al lavoro svolto
per conto del Governo italiano da Fabrizio Barca, che ha rimesso al centro del
dibattito nazionale il destino di quelle zone collinari e montane che, distanti
dalla congestione costiera e dai servizi di maggior pregio (scuole, ospedali,
nodi del traffico ferroviario), rappresentano per il sistema Paese una
diseconomia superiore agli investimenti che richiederebbe un loro rilancio.
Come vedete, siamo oltre
il tema del riequilibrio territoriale per come lo abbiamo conosciuto e nel caso
della sinclinale, benché non tutti i Comuni che ne fanno parte rientrano nella
mappatura realizzata dal Ministero per classificare le Aree interne, possiamo
dire - senza tema di smentita - che, a causa dei cambiamenti che stanno
avvenendo e data la funzione che questo asse territoriale trasversale ha svolto
nelle dinamiche di sviluppo regionali, soltanto afferrando questa “maniglia” e
tirandola energicamente possiamo pensare di rimettere in equilibrio le Marche e
di ridare una prospettiva a tutto l’entroterra marchigiano, impedendo così che
alla resistenza attiva finora esercitata segua l’esito più infausto della
desertificazione produttiva e umana.
Quando parliamo della
sinclinale camertino-fabrianese non possono che venirci in mente le parole con
le quali lo storico Bernardino Feliciangeli (1866-1921) l’ha descritta nei suoi
saggi sul medioevo e il rinascimento marchigiani e in particolare camerte. I
due complessi montuosi del Catria e del San Vicino che delineano un corridoio
orografico trasversale, unico rispetto alle numerose valli che a pettine,
seguendo il corso dei fiumi, scendono e si allargano verso il mare Adriatico.
Una valle attraversata da tre fiumi, il Chienti, il Potenza e l’Esino, che
nascono a poca distanza l’uno dall’altro, ed omogenea territorialmente, in quanto
delimitata dalle catene montuose appenniniche e preappenniniche suddette, che
hanno nei Sibillini il loro punto di raccordo più a sud.
L’omogeneità di questo
territorio è anche data da fattori culturali di lungo periodo: l’essere punto
di valico dei percorsi della via lauretana, tra i Sibillini e Frasassi, tra
Assisi e Loreto, tra Roma, Loreto e Ancona; l’essere stato la culla della
produzione più antica della carta; l’aver avuto da sempre una vocazione
enogastronomica legata alla produzione del Verdicchio; l’essere disseminato di
beni storico-artistici e culturali ed accomunato da un diffuso e persistente
carattere rurale sul quale si è innestata, senza stravolgerlo, l’esperienza
industriale.
Questo territorio ha
bisogno di un Documento strategico territoriale, analogo a quello di cui si
sono dotati importanti città delle Marche: penso ad esempio a Pesaro e a
Fabriano. Sarebbe una bella scommessa comune che potrebbe qualificare tra
l’altro l’iniziativa delle nuove amministrazioni locali chiamate fra qualche
settimana a rinnovarsi. Ne ha bisogno in particolare la città di Camerino che
da troppo tempo soffre di una carenza di visione strategica rispetto al suo
futuro e al ruolo che da sempre è chiamata a svolgere per il territorio.
In questo Documento
strategico un elemento dirimente deve essere rappresentato dalla necessità
vitale del completamento del “quadrilatero di penetrazione interna
Marche-Umbria” che, vorrei richiamarlo, è costituito dalla SS77, dalla SS76 e
dalle trasversali SS3 sul versante umbro e dalla Pedemontana sul versante
marchigiano. Chiudere questo “anello” tra l’Adriatico e il Tirreno equivale a
far rinascere l’Appennino, a far sì che le superstrade Ancona-Perugia e
Civitanova Marche-Foligno non diventino vie di fuga, oltre che di nuova
accessibilità, ma abbiano un effetto benefico per l’area colpita dal sisma del
’97 e per tutte le comunità appenniniche, realizzando di fatto le condizioni
per l’attrazione di nuovi investimenti e per l’integrazione del territorio e
delle economie dell’Appennino e dell’Italia centrale nel cuore di quella
macroregione sempre più interdipendente che saranno le Marche e l’Umbria
insieme.
Entro il 2014 aprirà la
SS77. Sul versante della SS76 l’impasse dei lavori si sta sbloccando. Le città
di Foligno - Nocera Umbra - Gualdo Tadino - Gubbio - Fabriano - Cerreto D’Esi -
Matelica - Castelraimondo - Camerino o viceversa, diventeranno con il
completamento della Pedemontana un’area interconnessa e fortemente omogenea.
Completare questa infrastruttura è dunque un obiettivo di chi ha a cuore lo
sviluppo delle aree interne, ma deve esserlo di tutte queste comunità che
devono pensare sempre più intrecciato il proprio destino. Mancano 222 mln di
euro per il tratto da Matelica a Muccia; è un imperativo far sì che
l’infrastrutturazione nata per rispondere all’evento sismico sia completata.
L’altro elemento
dirimente all’interno di un Documento strategico dovrebbe riguardare il terreno
dell’innovazione istituzionale. La fine delle Province così come le abbiamo
conosciute e la nascita dell’ente territoriale di area vasta dove siederanno i
Sindaci, richiederà alle comunità più deboli di organizzarsi e di rafforzare la
propria armatura istituzionale. Ad essere rappresentate nel nuovo consiglio
provinciale saranno gioco forza i Comuni più grandi e le maggioranze potrebbero
determinarsi non solo sulla base delle appartenenze politiche, ma anche sulle
convenienze territoriali. La Provincia, che storicamente ha svolto una funzione
di coordinamento e supporto in particolare per le aree più deboli e marginali,
diventerà un ente con minori funzioni, ma con il rischio più concreto che i più
forti vi facciano la parte del leone. Se questo è Tolentino, San Severino
Marche, Cingoli, Matelica, Camerino debbono condividere maggiormente le
politiche territoriali relative alle Aree interne, ma soprattutto -come
riconoscono gli studi già citati di Calafati- deve essere la città di Camerino
a ripensare se stessa, sia in direzione della sinclinale verso Fabriano, che
rappresenta il motore di sviluppo esterno al contesto provinciale, così come
Jesi, sia lungo la vallata del Chienti, fino a Civitanova Marche, sia verso
l’Umbria e in particolare nella direzione Foligno-Spoleto-Terni.
Il primo passo dovrebbe
essere la fusione con Castelraimondo. Siccome da tempo si lanciano provocazioni
sulla necessità di un Comune di 40.000 abitanti, che a mio avviso è un modo per
dire “uniamoci, uniamoci”, ma nella consapevolezza che non lo si farà mai, io
dico che, se non fosse uno scherzo, la prima mossa dovrebbe essere la fusione
dei due Comuni, Camerino e Castelraimondo, nessuno dei quali è “centroide”
rispetto al proprio sistema locale di riferimento. Questa fusione produrrebbe
un Comune di circa 12.000 abitanti e innescherebbe un moto centripeto dei
Comuni dell’alta valle del Potenza e dei Comuni a sud-ovest di Camerino che
oggi ricadono nella stessa Comunità montana. Il nuovo Comune che nascerebbe
dalla fusione dei due avrebbe la possibilità di svolgere la funzione di termine
polare (A) della relazione territoriale con Fabriano (B), rafforzando proprio
la prospettiva della collaborazione all’interno della sinclinale.
La prova del nove della
volontà di avviare questo tipo di ragionamenti, inevitabili se si vuol reagire
alla dinamica d’impoverimento in atto, sta proprio nella reciproca
disponibilità ad investire in un progetto pilota relativo all’area di Torre del
Parco e Lanciano che del sistema locale di Camerino, un sistema -voglio
ricordarlo- in cui Camerino da solo non riesce ad esserne il fulcro,
rappresenta il punto di sutura oggettivo con Castelraimondo, oltre che di
rafforzamento della relazione con il fabrianese. Consentitemi una digressione
storica: la città e stato di Camerino si consolida come tale e nel suo primato
su un’area molto vasta del territorio marchigiano e anche umbro quando i Da
Varano nel corso del Trecento investono massicciamente sul fronte nord-est del
proprio territorio. Questi signori, che furono grandi costruttori, non
intervennero solo in senso difensivo, costruendo una sorta di “linea Maginot”
del tempo, la cosiddetta Tagliata o Intagliata, sul versante delle città
ghibelline e concorrenti di San Severino Marche, Matelica e Fabriano, ma
investirono nella nascita di comunità locali come Castelraimondo (1311), nella
diffusione di mulini e nello sfruttamento dei corsi d’acqua, ad esempio per la
produzione della carta di Pioraco, e successivamente nella costruzione di
splendide residenze rinascimentali come furono Ajello, la stessa Torre del
Parco in cui siamo, Lanciano e Pioraco.
L’area di Torre del
Parco e Lanciano è oggi il luogo di confluenza di tre aree artigianali, nate
con il Patto territoriale della Provincia di Macerata successivo al sisma del
1997, tre Comuni, due Comunità montane; è punto di snodo tra due regioni,
Marche e Umbria, e il fiume Potenza che l’attraversa rappresenta un corridoio
di pregio ambientale che sembra dividere, ma in realtà unifica la parte alta
con quella media e bassa dell’omonima vallata. In questa area, dove oggi si
attesta una resistenza attiva da parte di tante piccole e piccolissime imprese
nel pieno della crisi, s’intersecano diverse filiere settoriali: la prima è
quella produttiva e di servizio alla produzione (piccole e medie imprese,
alcune delle quali d’eccellenza e anche vocate all’export, e alcuni centri
servizi e di patronato); la seconda è quella agrituristico-enogastronomica e
del benessere, caratterizzata da realtà di pregio e molto interessanti; la
terza è quella sportiva e ricreativa, che ad esempio nel perimetro di questa
area può contare su impianti sportivi di prim’ordine e su nascenti esperienze
ricreative e per il divertimento; la quarta è quella culturale-ambientale ed
agricola di qualità, che ha il suo epicentro nella Fondazione Ma.so.gi.ba. e
nel collegamento naturale che essa rappresenta tra il centro abitato di
Castelraimondo, dove è di recente sorto un parco fluviale grazie ai Pit
dell’asse V del Fesr, e la valletta (potenzialmente ciclabile) che da Pioraco
va a Fiuminata fino alle sorgenti del Potenza e al confine con l’Umbria.
In questo contesto ci
sono anche vuoti spaziali e urbani su cui si è in attesa d’interventi o che
rappresentano dei veri e propri diaframmi che impediscono una visione d’insieme
e un uso proficuo dell’intera area. Penso in particolare al complesso delle
Casermette e allo stato di degrado “protetto” in cui versa un’area di 55.644 mq
nel cuore di una zona d’insediamento produttivo; ma penso anche all’area di
proprietà dell’Alfa o ai capannoni di Vita Viva, ormai dismessi alla produzione
e il cui nuovo uso non è ancora ben definito. Occorre dare una prospettiva di
riuso intelligente e compatibile di queste aree, di concerto con gli enti
territoriali, giacché esse costituiscono una sorta di biglietto da visita dell’intera
zona di cui stiamo discutendo.
Insomma, si può pensare
a degli interventi per riqualificare le aree artigianali: dalla sicurezza, alla
manutenzione, dai servizi tecnologici e professionali alla gestione delle aree,
dai progetti di efficientamento e risparmio energetico alla sostenibilità
ambientale delle produzioni, fino alla piccola logistica. Si può pensare a
connettere l’accoglienza turistica con percorsi culturali e prodotti tipici,
con lo shopping e gli sport ambientali. Si può pensare a far incontrare eventi
sportivi e accoglienza alberghiera. Si può pensare a gestioni sostenibili di
beni culturali e museali che coinvolgano giovani e realtà studentesche e
scolastiche (vedi “Greenway per lo sviluppo sostenibile del territorio”, Il
Verde Editoriale, Milano 2004, pp. 71-135).
Si può pensare a tutto
questo e ad altro ancora nell’ambito di una programmazione urbanistica
unitaria, ad esempio attraverso strumenti come il P.I.S.I. previsto dalla nuova
legge urbanistica regionale in fase di approvazione, dell’idea di una
rigenerazione urbana ed extraurbana e di una progettazione di secondo livello
dopo quella più tradizionale che quest’area ha conosciuto con il Patto
territoriale “Rinascita e sviluppo”. Per la verità in questi anni non si è
rimasti fermi: le risorse del Fesr hanno consentito d’intervenire su tutta la
valle del Potenza e su tutta la zona delle due Comunità montane di San Severino
Marche e Camerino con investimenti per circa 9 milioni di euro; i Gal hanno
fatto la loro parte nel recupero dei borghi storici e nella promozione della
ruralità sia sul versante maceratese che anconetano; l’Accordo di Programma per
l’A. Merloni ha trovato molte difficoltà realizzative, anche riferite alla
capacità progettuale locale, ma è stato un altro banco di prova tra l’altro non
concluso; il progetto del Distretto culturale evoluto (Dce), guidato
dall’Università di Camerino, ma anche quello di cui è capofila il Comune di
Fabriano, rappresentano dei tentativi di promozione di un nuovo sviluppo locale
a traino culturale che stanno trovando proprio in questi mesi una prima
traducibilità concreta.
L’idea di un Documento
strategico della sinclinale camertino-fabrianese e di un progetto pilota,
modulare e replicabile, per l’area di Torre del Parco e Lanciano hanno di
fronte a sé l’opportunità costituita dalla nuova programmazione europea
2014-2020, quasi 1200 milioni per le Marche, distribuiti nei fondi strutturali
Fesr, Fse, Feasr, che sulla base di una adeguata progettazione potranno essere
intercettati secondo un disegno strategico e unitario. Quand’anche la partita
delle Aree interne possa lasciarci di lato dobbiamo, ad esempio, pensare a
progetti integrati locali (Pil) nell’ambito del Psr e con l’apporto congiunto
di Fesr e Fse per un piano di valorizzazione intercomunale che possa riguardare
anche l’area di Torre del Parco e Lanciano. Che cosa proponiamo, in definitiva,
e intendiamo proporre alla vostra attenzione: l’insediamento di un tavolo
operativo fatto di soggetti pubblici e privati che, sotto l’egida dell’Università
di Camerino, si eserciti su una progettazione cantierabile, riferita ad un’area
localizzata del territorio al fine di darle un’identità che valorizzi il suo
tessuto multisettoriale secondo un’idea di sviluppo intelligente, sostenibile
ed inclusiva. Si tratterebbe di un progetto pilota, replicabile in altri
contesti, volto ad intercettare risorse comunitarie, nazionali e regionali,
come un primo passo verso la valorizzazione della sinclinale
camertino-fabrianese, per la quale ribadiamo la necessità che le
Amministrazioni locali di quest’asse territoriale si dotino di una comune
pianificazione strategica di medio periodo.
Grazie per l’attenzione
e la partecipazione.
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