IL TOTO TESTIMONIAL
Il
tema dei temi, anzi l'unico tema, di questo ultimo scampolo di estate
marchigiana è il confronto su chi è il miglior testimonial turistico della
Regione.
C'è
chi difende Mancini, chi preferisce Tamberi, chi vorrebbe il ritorno degli
Arabi, chi ringiovanire Valentino Rossi e via dicendo...
Detto
subito e di passaggio: che Mancini sia riuscito a dissipare in un attimo la sua
immagine di sobria e vincente notorietà (per gli stranieri) e il profilo nazional-popolare (per gli italiani e i marchigiani), su cui la
Regione Marche ha puntato in questi anni, senza registrare peraltro risultati
apprezzabili, è questione ormai assodata e ritenuta dai più tra le meno
presentabili e edificanti del panorama del professionismo calcistico e non
solo.
Si
fosse trattato di un capitano di ventura medievale, avremmo rintracciato in un
qualche scritto del tempo un giudizio del tipo: "valeva pocho". Non
certo in termini economici (altroché!), ma di sostanza.
Quel
che, invece, merita un po’ più di attenzione in questo ballon d'essai è il fatto di una Regione inchiodata agli anni Novanta del secolo
scorso. Niente di più e di diverso negli ultimi anni la destra è riuscita a proporre, né il
centrosinistra ad opporre, nonostante le praterie a disposizione.
Difendere,
poi, Mancini - come qualcuno in maniera patetica cerca di fare - con la
motivazione che aggancerà importanti mercati turistici e farà confluire nella
nostra regione i petrodollari arabi, è un insulto alla realtà, che è fatta di tante problematiche che
le Marche faticano ad affrontare.
A
nessuno viene in mente che di un testimonial potremmo fare a
meno, spendendo i soldi del cachet e della sarabanda che si muove intorno in
maniera molto più produttiva? Dopotutto, le Marche hanno in se stesse gli
ingredienti per essere promosse adeguatamente e in maniera attraente, se solo
si volesse coinvolgere giovani menti, sperimentare modalità innovative e
originali, chiamare a raccolta idee e competenze non provinciali, rompere un
circuito in cui albergano sempre e solo i simili.
I
problemi reali delle Marche, purtroppo, sono altri, hanno un riflesso serio
nella vita dei cittadini ed esulano dalla bulimia turistica da cui sembra dipendere il nostro destino: sanità in confusione organizzativa e con servizi al
collasso, salari e pensioni fanalino di coda del centro Italia, inflazione che
non accenna a diminuire, giovani che non studiano e non lavorano in buon
numero, altri ugualmente - magari laureati - che se ne vanno, una crescita che
non c'è e non ci sarà, come certifica l'economista di punta della maggioranza
che governa la Regione, un sistema produttivo che arranca nell'innovazione e
che ha di fronte le nubi pesanti di un autunno non facile.
Dov’è
la svolta che ci si poteva e doveva aspettare da chi non aveva mai governato le
Marche?
I
problemi dell'alluvione, tutt’ora irrisolti, vengono affrontati con un piglio
che, a confronto, quello dei primi Commissari del sisma del 2016 appare di tipo
napoleonico; la ricostruzione post sisma non registra alcun reale cambio di
passo, checché si comunichi; il PNRR è compromesso; una discrezionalità assurda
e offensiva nell’allocazione delle risorse continua a fare figli e figliastri
nel rapporto tra istituzioni e territori.
I
testimonial passano, le carriere dei singoli sono per loro natura alterne, i
problemi invece restano e la realtà è dura da scalfire. In ambito turistico,
dove i risultati non hanno brillato anche nella stagione che si sta chiudendo e
che non sembra aver ricevuto benefici dall’esordio dell’agenzia che avrebbe
dovuto rilanciarlo, non serve il corrispettivo del leaderismo politico; l'uomo
solo al comando è un bluff e non funziona in politica come nelle
campagne promozionali.
Le
Marche hanno bisogno d'altro; sarebbe ora di cominciare a definire in maniera
partecipata e circostanziata i contenuti di una proposta alternativa. Sarebbe
tempo di cominciare a voltare pagina.
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