IL TERRITORIO VIENE PRIMA
In materia di Aree interne
l’ultima notizia riguarda l’avvenuta definizione di 56 nuove aree di progetto
nell’ambito della Strategia nazionale per le Aree interne (Snai). Esse si
aggiungono a quelle avviate con la programmazione europea 2014-2020, portando
il numero complessivo a 124 aree, che coinvolgono 1904 Comuni e una popolazione
di 4,57 milioni di abitanti.
Giova sempre ricordare che i
Comuni classificati come Aree interne sono oltre 3800, ovvero circa la metà del totale, coprono il 58,8% della superficie
nazionale e sono abitati da circa 13,4 milioni di persone, il 22,7% della
popolazione residente nel 2021.
Nelle Marche
sono 3 le nuove aree di progetto finanziate con il nuovo ciclo di
programmazione 2021-2027 e si aggiungono alle 3 già istituite, coinvolgendo
complessivamente 82 Comuni su 225, per una popolazione di circa 172.000
abitanti, l’11,5% della popolazione regionale.
Ciascuna delle
nuove aree riceverà - tra risorse nazionali e regionali - circa 8 milioni di
euro, seguendo la logica degli Investimenti Territoriali Integrati (Iti) e un
approccio basato sull’intercomunalità, che presuppone una chiara visione dello
sviluppo territoriale.
Nel frattempo,
i Comuni delle Aree interne, ossia quelli classificati dall’Istat come
intermedi, periferici e ultraperiferici a secondo della lontananza dall’offerta
di servizi fondamentali per il rispetto del diritto di cittadinanza, sono stati
oggetto di un intervento corposo del PNRR che ha destinato 500 milioni di euro
per la loro infrastrutturazione sociale, privilegiando le proposte giunte da
aggregazioni di Comuni omogenei, Unioni, Ambiti territoriali sociali (Ats) e
Consorzi.
Per le Marche
ciò ha significato il finanziamento di ben 31 interventi per oltre 16 milioni
di euro di investimenti, di cui 18 in area cratere e 9 su base aggregativa. Una
notizia, questa, che non sembra aver appassionato nessuno a livello regionale.
Dunque, anche
nelle Marche, passata la stagione della trasmigrazione di Comuni da un confine
regionale all’altro e quella delle fusioni, risoltasi in ben poca cosa,
nonostante i diversi limiti dimostrati la Snai continua ad andare avanti,
estendendosi territorialmente e coinvolgendo un numero sempre più ampio di
Comuni.
Analogamente si
è avviata la sperimentazione, sempre con fondi PNRR, delle Green Communities,
anch’esse guidate da un approccio territoriale d’area, mentre entrambe queste
Strategie hanno avuto nei Progetti Integrati Locali (Pil) dei Gruppi di Azione
Locale (Gal Leader) delle esperienze progettuali che hanno scommesso anch’esse
sull’aggregazione pubblico-privato dal basso.
In più,
l’esigenza di rafforzare le poche polarità con caratteri urbani presenti
nell’entroterra regionale, su tutte Fabriano, suggerirebbe di ampliare a livello
sperimentale la previsione degli Iti urbani, riservati sia nella precedente che
nell’attuale programmazione regionale ai capoluoghi di provincia, anche al
maggiore centro montano, al fine di sostenere quei processi di densificazione
urbana che aiutano a contrastare lo spopolamento e favoriscono la tenuta dei
servizi.
Insomma, a
differenza di un approccio che si sta facendo strada anche a livello
parlamentare e che pensa di tradurre tardivamente a livello urbano l’adagio del
“piccolo è bello” con dispersivi interventi puntiformi e magari qualche sgravio
fiscale (il che, però, vorrebbe dire di riflesso meno servizi), quel che
occorre fare è andare in tutt’altra direzione, ovvero rafforzare ed affinare le
strumentazioni e gli investimenti che abbiano un respiro territoriale e gli
interventi che rilancino nei contesti di area interna e montana la vocazione
delle piccole città, dei distretti produttivi e del sapere. Tanto più in uno
scenario di sensibile calo demografico.
Può giovare a
tale scopo la riesumazione delle Province? Non ci giurerei, a meno di
specifiche regole d’ingaggio in direzione del superamento dei divari
territoriali. Sicuramente efficace sarebbe un piano di assunzioni finalizzato a
dotare gli ambiti intercomunali, siano essi quelli delle Unioni dei Comuni o
della Snai, delle competenze che servono per costituire efficienti uffici
progettazione e stazioni uniche appaltanti.
Le aree più
fragili del Paese e della regione sono di fronte ad un bivio. Nella scelta da
fare, il territorio viene prima.
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