CHE COSA MANCA ALLA RICOSTRUZIONE
Che cosa manca alla ricostruzione del Centro Italia? Manca il tempo che si è perso prima che essa decollasse con il Commissario Legnini, ora inopportunamente sostituito. Sia il merito dimostrato sul campo, che l’unità costruita tra sensibilità politiche diverse, essenziale e proficua per il raggiungimento di obiettivi ambiziosi, oltre che per recuperare parte di quel tempo perduto, avrebbero consigliato la sua riconferma.
Così non è stato. Quell’unità, di cui Legnini è stato abile e infaticabile tessitore e che ha consentito all’interesse generale del Paese di prevalere di fronte ad un dramma epocale, è stata repentinamente e improvvidamente accantonata non appena gli esiti elettorali hanno fatto pensare alla stessa maggioranza politica, nazionale e regionale, di poter fare da sola.
Un errore, dettato da un’idea di discontinuità priva di contenuti, di cui avevamo colto le avvisaglie, e che si è puntualmente realizzata.
Così vanno le cose in questo Paese, a cui si vorrebbe restituire l’orgoglio… Siccome il nuovo Commissario vorrà dimostrare concretamente il senso e il valore di un avvicendamento dai più non gradito, ci permettiamo di segnalargli un campo d’azione che finora è mancato alla ricostruzione del Centro Italia.
Non riguarda di certo il coinvolgimento delle Regioni, che sono state parte essenziale ed imprescindibile del processo decisionale della Cabina di coordinamento, come dimostra l’ordinanza commissariale sulle opere pubbliche che, per volontà della Regione Marche, non ha ancora visto la luce, a differenza di quelle riguardanti le altre tre regioni (Abruzzo, Lazio e Umbria).
Né l’approvazione della legge delega sul Codice delle Ricostruzioni e il Dipartimento delle Ricostruzioni, su cui ci auguriamo che il Parlamento sia chiamato a pronunciarsi quanto prima, dato l’unanime consenso che l’atto licenziato dal Consiglio dei Ministri aveva riscosso da parte di tutte le forze politiche nella precedente legislatura.
E neppure riguarda la necessità di coniugare ricostruzione e sviluppo dei territori e delle comunità, perché questa è stata la cifra innovativa che Legnini e i Governi che lo hanno nominato hanno dato alla ricostruzione del Centro Italia, con l’investimento sulla rigenerazione urbana e territoriale e sul rilancio economico e sociale. Vedasi il Contratto istituzionale di sviluppo, il Programma unitario degli interventi per le aree dei terremoti del 2009 e del 2016 (Next Appennino) a valere sul Piano nazionale complementare al PNRR, oltre ai diversi interventi nelle Leggi di bilancio del 2021 e del 2022. In tutto, più di due miliardi di euro.
Piuttosto, in questo ambito vogliamo sperare che almeno ulteriori 300 milioni vadano a finanziare la messe di domande che sono state presentate da imprese ed Enti locali a valere sui bandi della macromisura B del programma Next Appennino. Stante la difficoltà di far avanzare la spesa del PNRR/PNC, questa esigenza più che un problema dovrebbe essere una opportunità.
Si tratta, invece, del concorso che lo Stato potrebbe dare, e finora non ha dato, per la rinascita dell’Appennino centrale ferito dal sisma, attraverso l’intervento dei grandi player di cui mantiene una significativa partecipazione. Guardiamo a quel che sta accadendo negli Stati Uniti, dove la grande sfida globale con la Cina viene giocata dall’Amministrazione Biden con inediti programmi di politica industriale che mettono contestualmente a fuoco il loro impatto sui territori, secondo una logica place based, con l’obiettivo di ridurre i divari economici, sociali e territoriali.
La linea di faglia che dall’Aquila arriva a Fabriano, passando per Norcia e Camerino, avrebbe bisogno di investimenti, anche agganciati al PNRR, su cui le società a diretta partecipazione del Mef, come Eni, Enel, Leonardo, Poste, oppure quelle partecipate da Cassa Depositi e Prestiti, come Terna, Snam, Italgas e innumerevoli altre nei settori dell’immobiliare, dei semiconduttori, dei media e delle tecnologie, potrebbero e - aggiungo - dovrebbero dare un contributo alla rinascita.
È possibile organizzare un piano di interventi integrati territoriali che veda il sostegno di questo articolato sistema industriale molto sensibile agli input del decisore pubblico? I principi dell’economia fondamentale ci dicono che la qualità dei territori passa per l’adeguatezza della infrastrutturazione di base e l’introduzione di elementi di avanguardia tecnologica. Si potrebbe così sperimentare un modello di ricostruzione che nel mentre dà risposte alle debolezze di un’area interna interregionale interpreta le sfide delle nuove catene del valore, dell’autonomia strategica e del reshoring.
Sarebbe una bella pagina di coraggio e di innovazione. Allora potremo dire che la sostituzione del Commissario Legnini avrà prodotto qualcosa di nuovo e di buono.
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