NUBI ALL’ORIZZONTE PER IL CRATERE SISMICO
La crisi di governo e l’interruzione anticipata della legislatura, oltre al disorientamento della società italiana rispetto alle urgenze non differibili del momento presente, sta producendo incertezze ulteriori per i soggetti e le aree più deboli del Paese.
Tra queste vi è sicuramente l’area del sisma del Centro Italia che, dopo lo stentato avvio della ricostruzione e le diverse complicazioni subentrate una volta avviata, vede addensarsi all’orizzonte delle nubi che ci auguriamo si diradino.
Impegnato nel disbrigo degli affari correnti, il Presidente del Consiglio Mario Draghi sta cercando di rassicurare i partner europei, stupiti dal nostro livello di masochismo, e i mercati internazionali sempre più incerti e volubili di fronte al deteriorarsi del quadro geopolitico. L’autunno complesso che si annuncia richiederebbe di usare fin d’ora tutti gli strumenti a disposizione, ma - come si sa - nel caso di un governo dimissionario essi sono limitati.
Il limite maggiore deriva, tuttavia, dal non poter agire fino alla scadenza naturale della legislatura, quel primo semestre del 2023 entro cui tutte le linee di intervento delle 16 componenti e delle 6 missioni del PNRR avrebbero trovato pieno dispiegamento e il Paese sarebbe stato impegnato nel più grande sforzo collettivo di ricostruzione dal dopoguerra.
Adesso, invece, sono molti i dubbi sulla possibilità di adempiere alle scadenze con le relative erogazioni finanziarie e di dare piena attuazione al Piano, soprattutto se le elezioni dovesse vincerle chi finora in Parlamento ha sempre votato contro il PNRR e le sue implementazioni.
Eppure, è sempre più avvertita la consapevolezza che di fronte al rischio di una recessione mondiale, che metterebbe innanzitutto in difficoltà i paesi ad alto debito come il nostro, l’unica risposta che abbiamo è il rilancio degli investimenti innovativi, non di certo il presidenzialismo.
Ciò è ancor più vero per il Centro Italia alle prese con la ricostruzione post-sismica. Lo straordinario esperimento di coniugare per la prima volta ricostruzione materiale e rilancio economico e sociale ha già dovuto rinunciare alla possibilità di trovare una codificazione legislativa, che ne avrebbe sancito in maniera definitiva l’ambizione di diventare il modello delle future ricostruzioni.
Lo scioglimento del Parlamento ha archiviato, infatti, la legge delega del governo sul Codice delle ricostruzioni e il Dipartimento delle ricostruzioni, una priorità per l’Italia periodicamente e sempre più frequentemente costretta ad affrontare rischi sismici, idrogeologici e climatici. Oltre a questo, è stata archiviata la nuova legge sulle zone montane, anch’essa licenziata dal governo: 200 milioni di euro, a partire dal 2023, che potevano essere spesi secondo un impianto normativo aggiornato e una nuova strategia nazionale per la montagna italiana.
Una delle nubi più grandi, però, riguarda il finanziamento della ricostruzione. Stimata in circa 27,2 miliardi di euro, lievitati a circa 32-33 a seguito dell’aggiornamento del prezziario e dei costi parametrici da parte del Commissario straordinario, è attualmente finanziata per circa la metà. Il governo Draghi, oltre ad aver dato piena sostanza al Fondo complementare sisma (1,780 miliardi), nell’unica legge di bilancio che ha approvato ha stanziato 6 miliardi per la ricostruzione privata e prolungato fino al 2025 il superbonus per evitare ai proprietari gli accolli.
Sarà il prossimo governo altrettanto attento e generoso? Analogamente vi sono altre questioni che senza un titolare politico nei Ministeri rischiano di rimanere impaludate. La recente ratifica dell’Accordo di partenariato Italia-UE sulla nuova programmazione 2021-2027 ha sancito le Marche come regione in transizione, il che consentirebbe di accelerare la definizione della Zes. E così via per tante altre questioni aperte che avrebbero potuto nel frattempo trovare soluzione.
Insomma, un bel guaio, a cui ci mancherebbe che si aggiungesse lo smontaggio di quella governance multilivello che ha guidato la svolta nella ricostruzione-rigenerazione del post sisma, in nome di una non ben controllata ansia da discontinuità.
Agli elettori del Centro Italia, specie a quelli del cratere sismico, questa volta conviene davvero resistere al vento del presunto cambiamento.
Masochismo...proprio vero!
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