ARCHEOLOGIA E RINASCITA
Ciò ha
consentito di salvaguardare le evidenze archeologiche con le quali la
costruzione di opere pubbliche spesso s’imbatte, specie in un paese fortemente
antropizzato fin dalle epoche più remote come il nostro.
Da questa
innovazione è nata Archeolog, un’associazione senza scopo di lucro costituita
nel 2015 da Anas e Quadrilatero Marche-Umbria, entrambe dal 2018 società del
Gruppo FS, la quale ha lo scopo di contribuire al restauro, conservazione e
valorizzazione dei preziosi reperti che vengono alla luce.
L’iniziativa
ha assunto un’importanza significativa e si è estesa a livello nazionale. La
figura dell’“archeologo di cantiere” è oggi presente ovunque si realizzano
infrastrutture ferroviarie e stradali, rompendo il diaframma tra
amministrazioni dello Stato (da un lato Mibac e Soprintendenze, dall’altro Mims
e Gruppo FS) che devono lavorare insieme.
Ci consente di
ritornare su questa positiva esperienza, il fatto che periodicamente si
susseguono i resoconti dei ritrovamenti restituiti dal completamento della
SS77, prima, e dall’avanzamento della SS76 e della Pedemontana, ora.
Da ultimo, lo
scorso 12 luglio, questo giornale ha dato notizia di necropoli, capanne e
fornaci emerse dagli scavi della Pedemontana nel tratto tra Matelica e
Castelraimondo. Ma già in precedenza altri ritrovamenti erano avvenuti a
Colfiorito, Serravalle del Chienti e Muccia, e ulteriori sicuramente se ne
attendono.
L’epoca dei
reperti va dalla preistoria fino all’età rinascimentale e testimonia come la
valle longitudinale che racchiude le sorgenti di Chienti, Potenza ed Esino sia
una delle località più ricche di storia delle Marche.
I rinvenimenti
hanno riguardato, oltre a due tratti di acquedotto di epoche diverse, anche
resti di una strada romana di età repubblicana in ghiaia, pietra e calce,
simili a quelli ritrovati precedentemente a Muccia. Viene da pensare cosa
avrebbe provato dinanzi a queste scoperte uno studioso di viabilità romana come
Gerhard Radke (1922-2010), convinto sostenitore che la più antica via Flaminia,
costruita da Caio Flaminio nel 220 a.C., passasse per Colfiorito, la valle S.
Angelo e Muccia, per poi salire a Camerino e discendere nella valle verso
Matelica, fino a Sassoferrato e Senigallia.
Un tratto
analogo a quello della Pedemontana, che a nord di Fabriano resta ancora
incompiuta. La strada della cavalleria di Centenio, che a Colfiorito fu
sconfitto dagli uomini di Annibale. Diversa dalla “Sempronia” - come la
chiamava Radke -, costruita da Sempronio Gracco nel 177 a.C., che aveva il suo
baricentro a Forum Sempronii (Fossombrone), e che continuiamo ancora oggi a
chiamare Flaminia.
Al di là delle
digressioni storiche, sarebbe bene che i reperti archeologici che la
costruzione del progetto Quadrilatero ha riportato alla luce trovassero una
valorizzazione in loco. La realizzazione con i fondi del Piano nazionale
complementare al PNRR di uno dei 5 Recovery Art Conservation Project presso
l’ex complesso militare delle Casermette di Camerino offrirebbe l’opportunità
per una collaborazione sinergica sul modello di quella che ha dato vita ad
Archeolog.
La
rifunzionalizzazione del sito dismesso di proprietà pubblica con finalità di
deposito, restauro, esposizione temporanea di beni culturali, potrebbe
diventare il luogo idoneo di una specifica progettualità sul versante
archeologico che, con il supporto delle Università coinvolte (in primis
Camerino e Perugia) e di Archeolog, può dare traduzione concreta anche agli
obiettivi del Piano complementare sisma, che ha finanziato con 10 milioni di
euro il deposito di Camerino e investito l’Università di Perugia della
costruzione di un centro di ricerca sui beni culturali.
Un progetto
che potrebbe diventare il punto di partenza di una scommessa più ampia, quella
di riportare molti beni archeologici di questo ricco territorio nei loro luoghi
di origine, valorizzati da una rete museale che dopo il sisma si sta
ristrutturando e da competenze che non mancano. Sarebbe un bel segno di
rinascita.
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