SULLE INFRASTRUTTURE BISOGNA UNIRE, NON DIVIDERE


Sulle infrastrutture è saltato il flair play istituzionale. C’era da aspettarselo, considerando che si è voluto fare di una questione complessa la bandiera della discontinuità politico-programmatica.

Quanto di più contrario al buon senso, dal momento che se c’è un tema che ha mille implicazioni (istituzionali, urbanistiche, territoriali, paesaggistiche, economiche e sociali) e tempi inevitabilmente diluiti questo è proprio il tema delle infrastrutture. Per di più in un paese in cui per attuare un investimento di 100 milioni di euro ci vogliono in media 15 anni.

Ciò non vuol dire che non si debba marcare un impegno più sollecito e proporsi di fare bene, recuperando anche eventuali ritardi, ma occorre partire dal fatto che in materia di infrastrutture la continuità è, prima ancora che un valore, un dato fisiologico. È stato, quindi, sbagliato voler sostenere ad ogni piè sospinto che prima vi fosse il deserto. Questo non solo non è vero, ma non è accettabile.

Durante le ultime amministrazioni di centrosinistra della Regione Marche, onestà intellettuale vuole che si riconosca che vi sono stati investimenti infrastrutturali rilevanti, tra l’altro in un periodo di risorse scarse, differentemente dall’attuale.

Voglio ricordare soltanto l’elettrificazione della linea ferroviaria Ascoli-Porto D’Ascoli, il progetto Quadrilatero di penetrazione interna Marche-Umbria, la terza corsia dell’A14. Investimenti per alcuni miliardi di euro. Di più, tutti gli interventi attualmente in esecuzione, come l’elettrificazione della linea Civitanova Marche-Albacina o il by pass di Falconara, hanno avuto una genesi e una gestazione negli anni scorsi, come è naturale che sia in una materia che abbisogna di tempi progettuali, procedurali ed esecutivi differiti.

Poi occorre riconoscere che se un cambio di passo c’è stato, è dovuto al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e all’introduzione di semplificazioni normative finalizzate all’attuazione degli investimenti entro il 2026. Qui, oltre a dover ricordare che le Marche non sono state destinatarie di particolari interventi, il più rilevante dei quali è quello parziale sulla linea ferroviaria Orte-Falconara M.ma (per circa la metà dei 510 milioni previsti), bisogna dirsi che la loro gestione è giocoforza molto verticalizzata, non riservando, soprattutto in questo ambito, un ruolo prioritario alle istituzioni territoriali.

Lo stesso riconoscimento del corridoio Baltico-Adriatico nella rete TEN-T, con l’inserimento della direttrice da Bologna a Bari, nasce dalla interlocuzione tra Governo e Commissione europea, la quale ha valutato il piano ferroviario PNRR dell’Italia il migliore dell’Unione ed ha premiato il nostro Paese - caso unico - con l’inserimento di una seconda linea nazionale, quella Adriatica, nella rete europea.

Cosa analoga potremmo dire della nomina dei Commissari in capo alle principali infrastrutture viarie e ferroviarie da completare (Salaria, Fano-Grosseto, Orte-Falconara M.ma), decisa dagli ultimi due Governi, che lascia ben sperare per la continuità degli investimenti su queste infrastrutture nell’ambito della programmazione statale di bilancio fino al 2033.

Fanno bene i Sindaci di Pesaro ed Ancona a difendere, l’uno, l’intervento di by-pass ferroviario che riguarda la sua città, dal momento che la stessa si è dotata per tempo di una programmazione che lo prevede, e l’altro gli investimenti viari e ferroviari, finalmente definiti e in procinto di partire, che riguardano il cuore della città, il porto e il nodo ferroviario del capoluogo di regione. Così come fanno bene i Sindaci del litorale marchigiano a chiedere soluzioni univoche che salvaguardino i centri storici attraversati dall’Alta capacità ferroviaria.

Ma occorre anche ricordare che, quando nel 2020 il Ministro Dario Franceschini si pronunciò a favore dell’Alta velocità sul versante adriatico, unica scelta capace di giustificare l’arretramento della ferrovia, le reazioni non furono entusiaste. Né la nuova Amministrazione regionale pensò bene di riprendere quell’apertura, nel pieno della definizione del PNRR, e di stabilire un rapporto forte con la Regione Emilia-Romagna, che proprio a partire dalla centralità nazionale e internazionale assunta dal nodo ferroviario di Bologna per via dell’Alta Velocità avrebbe potuto essere un partner forte e convincente nel programmare l’estensione dell’Alta Velocità sulla direttrice adriatica. Si preferì, invece, stringere accordi con le Regioni del sud, tra le quali la Puglia prioritariamente interessata all’Alta velocità Roma-Napoli-Bari.

Di recente le forze economiche più rappresentative della regione hanno redatto un documento sulle infrastrutture come volano della crescita e della competitività. Uno sforzo importante, tanto articolato nel disegnare il quadro d’insieme, quanto realistico negli obiettivi perseguibili nell’arco dell’attuale legislatura. Si concentri l’Amministrazione regionale sul conseguimento di quegli obiettivi per nulla scontati. Per il resto ci sarà bisogno di chi sa veramente unire, più che dividere.

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