UN DECALOGO PER IL CENTRO ITALIA



Con appena il 15% delle risorse del PNRR finora assegnate, il centro Italia segna il passo a fronte di un nord e un sud che per ragioni diverse fanno la parte del leone.

A poco più di un anno di distanza da quando il tema dell’Italia di mezzo è riemerso, a seguito degli studi Svimez, i segnali di recupero non sembrano particolarmente incoraggianti.

In uno scenario che è diventato più complicato, il quadrilatero Lucca-Pesaro-Pescara-Roma vede la possibile ripresa legata principalmente a due fattori: il rilancio della Capitale, quale grande area urbana che funge da polo attrattore e dispensatore di economie, e quello del versante adriatico, tradizionalmente più in ombra, alle prese con l’esigenza di riposizionarsi nell’ambito delle reti longitudinali e trasversali.

A tal proposito, ci pare utile articolare sinteticamente una sorta di decalogo di questioni aperte, che se affrontate potrebbero costituire l’intelaiatura di una ripresa prospettica.

Il tema delle infrastrutture e della logistica è il più discusso. I Presidenti di Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana e Umbria avevano costituito tempo fa uno specifico tavolo, le cui risultanze però non sono ancora note: direttrici trasversali, collegamento fra i porti, efficientamento degli aeroporti e dei nodi intermodali, copertura della banda ultra-larga e digitalizzazione, con in più sul versante adriatico il dilemma dell’arretramento della linea ferroviaria che richiama a monte la scelta o meno dell’Alta velocità.

L’avanzamento del grande cantiere della ricostruzione post sismica del centro Italia è, invece, una realtà: quattro regioni coinvolte e la sfida di coniugare alla ricostruzione materiale, stimata in circa 30 miliardi, la rigenerazione urbana, demografica, economica e sociale dell’Appennino centrale.

La costituzione di una Zona economica speciale (Zes) interregionale, che comprenda le regioni Abruzzo, Marche e Umbria, tutte in transizione, è fattibile e può trovare nell’Autorità portuale del medio Adriatico, che fa capo al porto di Ancona, il proprio riferimento in connessione con Civitavecchia e Livorno.

Qualche passo in avanti si registra nella realizzazione di una rete universitaria dell’innovazione e della ricerca, grazie a specifiche misure rivolte alle quattro regioni del sisma, e da ultimo degli ecosistemi dell’innovazione, con l’obiettivo di rivitalizzare le economie di distretto, attraverso un più stretto rapporto tra ricerca e impresa, e di mettere in rete alcune città sedi di Università.

La scelta coraggiosa dell’amministrazione di Roma di dotarsi di un termovalorizzatore per risolvere finalmente il problema della gestione dei rifiuti e produrre energia è anche un forte segnale ad altri territori a fare scelte efficaci e sostenibili per chiudere il ciclo dei rifiuti e investire sulle energie rinnovabili.

La costruzione della sanità territoriale, alla quale ci ha drammaticamente richiamato la pandemia, rappresenta per le Regioni la sfida di una nuova programmazione dell’offerta di servizi sanitari (case e ospedali di comunità, ospedali per acuti, cure domiciliari e telemedicina, concorso della sanità privata), delle dotazioni di personale e della sostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare.

Le filiere agroalimentari, nell’epoca dei cambiamenti climatici e della scarsità di materie prime, assumono un’importanza strategica. La transizione verso la sostenibilità riguarda le tipicità agroalimentari di cui il centro Italia è ricco, i sistemi rurali, ma anche l’agricoltura convenzionale ed intensiva ancora prevalente. Fondamentale, in questo ambito, è l’investimento sull’uso compatibile della risorsa idrica.

Cultura e turismo costituiscono una leva fondamentale dell’economia del centro Italia: dalle capitali culturali di Roma e Firenze a Pesaro “capitale italiana della cultura 2024”, fino a San Ginesio “miglior villaggio” italiano secondo l’UNWTO. La trama delle città storiche e delle virtù civiche può essere la cifra dei paesaggi dell’Italia dei due mari.

Il centro Italia è, invece, orfano del sistema creditizio; la fine delle banche del territorio, che tanto ha pesato sull’economia di questa area del Paese, fa oggi il paio con l’esito sorprendente di inchieste giudiziarie come quelle sul Monte dei Paschi e Banca Etruria, che pongono il legittimo interrogativo se il superamento di quel mondo non potesse avvenire senza disperdere patrimoni secolari.

Infine, il centro Italia può proporre una nuova visione delle aree interne, più integrate nella rete delle città medie e meno borghigiane, e una nuova stagione dei parchi e delle aree protette, marine e terrestri, non solo per alzare la percentuale di territorio tutelato, bensì la soglia della sensibilità ambientale in linea con i tempi.

Si tratta di un decalogo che può essere tradotto in obiettivi comuni e trasversali, soprattutto oggi che - a differenza del passato - le risorse non mancano.

 

Daniele Salvi

Autore de “La Post Regione”

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