SU FANULA E GUARDIA E DINTORNI …



Quando nel 1272 Crescenzio Migliorati, podestà di San Severino Marche, dovette cedere a Camerino la torre di Fanula insieme a quella di Guardia, alla pieve e al castello di Crispiero, non lo fece certo a cuor leggero.

La città dominante arrivava così a controllare l’intera alta valle del Potenza, sulla quale i settempedani avevano sempre esercitato una forte influenza e, ora, il possesso delle due torri lasciava immaginare di lì a poco la loro ristrutturazione in una minacciosa rocca, alla maniera della rocca Varano, che già da tempo svolgeva analoga funzione nella valle del Chienti.

In più, il pieno possesso di Fanula e Guardia avrebbe consentito ai camerti un'alternativa rispetto alla viabilità che passava per la Valle dei Grilli e giungeva a Beregna, sicuramente più breve, ma che costringeva ad intrattenere continui rapporti pattizi tra le due città. Adesso i traffici sarebbero potuti passare sotto la loro esclusiva protezione nella pianura di valle per incanalarsi o nella stretta valle del rio Follano, fino al vicino castello di Crispiero, o risalire lungo il corso del fiume in direzione Rotabella, zona più presidiata dopo la conquista di Castel Santa Maria.

Consci di questa possibilità i settempedani non rinunciarono mai a contendere le due torri, per impedire che, non essendo più loro, fossero fino in fondo dei loro acerrimi nemici. Fino all’esito che possiamo tuttora vedere. Fanula e Guardia sono, infatti, un esempio di fortificazione che non ha subito rimaneggiamenti tali da comprometterne l'aspetto originario. Due torri, una più grande e una più piccola, poste in diagonale e tra loro collegate.

D’altra parte, il controllo della valle del Potenza da parte della città di Camerino non fu mai pieno, né quieto, e solo “la riedificazione del Castello Raimondo”, insieme alla conquista del castello di Gagliole e alla successiva strutturazione della linea difensiva dell’Intagliata, avrebbe consentito di avere un saldo presidio e un baluardo a sua difesa. Era dal versante nord-est, infatti, che venivano le novità portate dagli uomini, non tanto quelle della natura, e ciò rendeva la città guardinga e diffidente verso qualunque cosa si muovesse su quello scacchiere.

Le torri di Crispiero rimasero lì, estremo avamposto camerte verso San Severino Marche, non troppo minaccioso per non urtare la sensibilità dei settempedani e anche perché in definitiva i commerci e la vita rendevano le due città più vicine di quel che l’appartenenza e la competizione politico-territoriale potessero allontanarle.

Oggi che si torna a parlare di Fanula e Guardia, anche a seguito di alcune iniziative di sensibilizzazione civica, con la disponibilità della proprietà a vendere al Comune quel che ne resta, come annunciato dal sindaco Leonelli in campagna elettorale, viene da pensare a quanto la presenza di un’industria come il cementificio sia stata impattante e quanto nel corso di decenni non si sia fatto nulla sul versante delle compensazioni ambientali.

A mala pena l’uso pubblico della strada Piermarchi che collega Crispiero alla SS361, mentre tutta l’area è ricca di emergenze culturali e ambientali rispetto alle quali non è stato mai chiesto alla proprietà degli interventi a compensazione dello scempio paesaggistico perpetrato. La pieve di San Zenone e il casino Travaglini, il monastero di Santa Maria delle Macchie e le Camere, Sant’Eustacchio in Domora e torre Beregna, Sant’Antonio in Cesalonga e, appunto, le Torrette; nessuno di questi beni, neppure il fiume Potenza, è stato mai interessato da un progetto di recupero o valorizzazione quale corrispettivo minimo di carattere socio-ambientale. Almeno questo è quanto si sa.

Sarà la volta buona per un’azione di salvataggio di un pezzo di patrimonio storico-architettonico? L’area, tra l’altro, richiede la bonifica e il ripristino ambientale del sito industriale e che quel versante a destra del Potenza, dove in passato correva la strada, venga ripreso in considerazione se vogliamo pensare ad un collegamento tra la Pedemontana e la Val Potenza che bypassi il centro abitato di Castelraimondo e indirizzi il flusso di traffico su un’arteria sicura verso San Severino.

Grazie anche all’intervalliva San Severino Marche-Tolentino, si verrebbe così a creare un “anello” tra Castelraimondo-San Severino Marche-Tolentino-Camerino, che andrebbe a rafforzare la polarità sud-est del Quadrilatero di penetrazione interna Marche-Umbria, contribuendo ad integrare maggiormente un sistema territoriale le cui indubbie potenzialità aspettano di essere programmaticamente tematizzate.

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