SUGGESTIONI DAL VOTO E DAL NON VOTO…
La diversa posizione rispetto al governo Draghi ha logorato molto più velocemente di quel che si potesse pensare le diverse forze politiche che ne fanno parte, divise tra chi si è collocato all’opposizione e chi a sostegno, facendo emergere la competizione strisciante per la leadership e una divaricazione tra sovranisti ed europeisti dell’ultim’ora che non ha dato un buono spettacolo di sé.
Né alla Lega ha giovato il continuo porsi con un piede dentro e uno fuori dalla maggioranza di governo. Fino ai fatti dell’assalto fascista alla sede della Cgil e al pronto soccorso dell’ospedale Umberto I, che hanno fatto scattare nell’opinione pubblica un campanello d’allarme che l’ha allontanata da chi non ha preso immediatamente le distanze da quanto accaduto, rinunciando ad ogni ambiguità.
L’alto tasso di astensione, sia al primo che al secondo turno, è invece la spia di un Paese che sta uscendo da uno shock, tramortito ma ancora vivo, e sta cercando di prendere nuovamente le misure delle cose, consapevole che non basta più prendersela con la politica. Anzi, che forse è venuto il momento d’impegnarsi per costruire una rotta più solida e sostenibile per la società italiana, la quale non può restare prigioniera della contraddizione tra la profondità delle questioni che la pandemia ha squadernato e la frustrazione che nasce da un rancore impotente e distruttivo.
Il lavoro tra precariato, aleatorietà e innovazioni dirompenti, i cambiamenti climatici e la crisi ambientale, il declino demografico e l’importanza dei servizi collettivi per le persone, la sostenibilità del debito e la disuguaglianza dei redditi, la tutela della salute e il ritorno ad una vita che voglia dirsi normale, sono tutte questioni che non troveranno risposta continuando a prendersela con il politico di turno, ma solo con una nuova stagione d’impegno civile, civico e sociale, in definitiva politico. Lo hanno dimostrato, innanzitutto, i molti giovani che si sono impegnati perla prima volta nelle liste per le elezioni comunali.
È questa la scommessa, o meglio la scelta che si agita nella coscienza civile di tanti italiani. Non credo sia soltanto un personale desiderio, ma qualcosa che sta maturando e che forse è già maturato, e che richiede di fare un ultimo passo, con quello che ciò comporta. Passare dall’inazione all’azione, con il conseguente carico di responsabilità e non rinunciando a un’ambizione europea e internazionale, come in tante occasioni in questi ultimi mesi abbiamo dimostrato di potere e saper fare.
Se questo è quel che ci suggerisce il voto amministrativo a livello nazionale, quanto accaduto nelle Marche dimostra che lo stato di sospensione e di disincanto, dopo l’iniziale luna di miele e le retoriche della discontinuità, riguarda anche gli elettori del centrodestra regionale. Se il centrosinistra è ancora nell’angolo, dall’altra parte si evidenzia qualche problema non secondario.
Le sconfitte di Porto Recanati e San Benedetto del Tronto bruciano non solo perché avvengono quasi dentro casa del neopresidente della Regione e nella prima città del Piceno, terra elettiva della nuova compagine al governo, ma anche perché colpiscono in special modo la parte più moderata della coalizione (UDC e Forza Italia) che lascia sul campo dirigenti di primo piano.
A Castelfidardo il sostegno del centrosinistra, che ha mancato per un soffio il ballottaggio, torna utile al Movimento 5 Stelle, che rielegge uno dei suoi pochi sindaci, e può contribuire a disgelare i rapporti tra forze che a livello nazionale e in molte città stanno collaborando, mentre in terra marchigiana si guardano ancora con reciproca diffidenza.
Il primo anno di governo se ne è andato tra le luci e le ombre della gestione dell’emergenza sanitaria (siamo al quinto posto tra le regioni con la percentuale più alta di popolazione non vaccinata), il ripescaggio di Mancini, qualche scivolone (la nomina del Presidente dell’Autorità portuale) e passo falso (la gestione del Contratto Istituzionale di Sviluppo per l’area del sisma), tanta continuità di fatto e altrettanta discontinuità a parole, con le infrastrutture che hanno i loro tempi e l’azzeramento dei percorsi nella costruzione dei nuovi ospedali.
Nonostante la straordinaria disponibilità di risorse finanziarie, il corso della XI legislatura appare già ampiamente prevedibile.
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