IL CENTRO ITALIA NELLA RICOSTRUZIONE DEL PAESE



In un'Italia in cui - dalla crisi del 2007/2008 alla pandemia in corso - stanno cambiando anche le più consolidate gerarchie territoriali, porre la "questione dell'Italia centrale", come ha fatto Luca Diotallevi su Il Messaggero del 9 marzo 2021, non è un semplice voler rimarcare la presenza di un'area del Paese che non si riconosce nella dialettica spesso aspra tra "questione settentrionale" e "questione meridionale", ma il tentativo propositivo di ricucire un'idea di nazione, coesa e dialogante tra le sue parti, dentro il più ampio progetto europeo.
Stretta tra la forza economica delle economie e dei territori del nord ed i bisogni e ritardi da colmare delle aree meridionali, il centro Italia fatica a far emergere non solo le proprie problematiche e criticità, ma anche il contributo che si sforza di dare ad una visione unitaria e solidale, pur avendo subito come il resto dell'Italia le crisi sopra richiamate, alle quali si è aggiunta quella devastante del sisma 2016/2017.
E' apprezzabile che il neo segretario del Partito Democratico Enrico Letta abbia ricordato nel suo discorso quest'ultima circostanza, inserendola in un più ampio ragionamento sull'importanza di una politica di prossimità, del lavoro sul territorio che i partiti devono tornare a svolgere, in particolare in quelle aree montane ed appenniniche dove le recenti consultazioni elettorali hanno dimostrato che "la vendetta dei luoghi che non contano", come dice Andrés Rodriguez Pose, non ha riguardato soltanto i fenomeni della Brexit e del trumpismo.
Il ragionamento sull'armatura infrastrutturale dell'Italia di mezzo e sulla rete di città ricomprese tra il corridoio tirrenico e quello adriatico non può non tener conto del più grande cantiere d'Europa che sta prendendo forma proprio nel cuore di quest'area, con la ricostruzione di 138 Comuni e 2000 borghi e frazioni, abitati da circa 600.000 cittadini, in un "cratere" che coinvolge dieci province e quattro regioni (Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio).
Grazie alla svolta impressa dal Commissario straordinario Giovanni Legnini, la ricostruzione privata e pubblica sta entrando nel vivo e ciò rappresenta uno straordinario contributo in atto per la ripresa dell'intero Paese, oltre che delle aree interessate. Di più, facendo proprie le sfide della sostenibilità, dell'inclusione sociale e della digitalizzazione, essa potrà rappresentare un prototipo per un'Italia fragile che deve dotarsi finalmente di un "Dipartimento per le ricostruzioni" e di un "Codice delle ricostruzioni", cioè di competenze, strutture e normative definite per affrontare i ricorrenti rischi di catastrofi naturali.
La ricostruzione dell'Italia centrale può diventare, quindi, anche la leva da utilizzare per dare attuazione alle diagonali infrastrutturali che Diotallevi ha ricordato. Ferma restando, infatti, l'influenza positiva che l'irrinunciabile ripresa economica e culturale della Capitale eserciterebbe sull'Italia mediana, ma consapevoli altrettanto della non esaustività di questo processo nel rispondere alle esigenze di rete evocate, è importante che gli investimenti sulla mobilità sostenibile del Piano nazionale di ripresa e resilienza puntino sulle direttrici ferroviarie Roma-Pescara, Roma-Ancona e Roma-Perugia.
Analogamente diventa importante ancorare il versante est, il corridoio adriatico, tradizionalmente meno in luce di quello tirrenico, al resto dell'Italia centrale e della penisola. L'alta velocità ferroviaria Bologna-Ancona, la prosecuzione della terza corsia autostradale da Pedaso in direzione Pescara e gli interventi trasversali sulla Salaria e sulla Fano-Grosseto, considerando ormai quasi conclusa la Ancona-Perugia, hanno l'effetto di strutturare l'intero "quadrilatero" del centro Italia, i collegamenti con la parte settentrionale più dinamica del Paese e la funzione di cerniera con il sud.
Agli investimenti infrastrutturali, che includono anche quelli per la digitalizzazione come grande riforma di sistema, gli interventi sulla rigenerazione urbana e dei borghi e sul sostegno allo sviluppo economico, turistico e culturale, previsti nel PNRR per le aree dei terremoti del 2009 e del 2016 e arricchiti dal Contratto Istituzionale di Sviluppo per il cratere del 2016 approvato nella Legge di Stabilità 2021, offrono il necessario completamento per riconnettere un'area ricostruita e vitale, per delineare nuove interdipendenze tra aree interne e montane ed aree più urbanizzate e per dare forma attraverso una rete di città medie ad uno sviluppo sostenibile ed attrattivo dell'eco-regione centrale nel suo complesso.
Si tratta, in definitiva, di una sfida di cui essere maggiormente consapevoli e che può essere raccolta nelle modalità e nei tempi che l'Unione Europea ci indica, affinché l'obiettivo della "ricostruzione", posto a fondamento del governo Draghi, trovi innanzitutto una conferma nelle esperienze di ricostruzione già in essere, che possono contribuire efficacemente a creare un'Italia più equilibrata e coesa.

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